Giovedì scorso sono andato a vedere Il Grande Silenzio, il film documentario sui monaci certosini. La vita all'interno della grande Chartreuse, il gigantesco monastero nelle Alpi francesi vicino Grenoble, è scandita dalla loro regola suprema, che prevede il distacco più assoluto dal mondo e la solitudine totale. Ci si vede solo per pregare, o nella Domenica e le feste.
Credevo che non esistessero ancora sempliciotti del genere, ma è stato comunque motivo di crassa risata, per me e per il mio amico compagno di merende filosofico-teologiche, constatare che almeno una fila completa (messi in ordine) di straziati spettatori se n'è andata visibilmente contrariata o tra risolini di stolta ilarità a metà del film.
Non ce la facevano più. Infatti, il film si intitola così perchè sono più di due ore e mezzo di quasi silenzio. E' il silenzio della vita dei monaci, per i quali lo spazio tempo è un concetto relativo. La mediazione cinematografica è esplicitamente inesistente, senza commento, talmente inesistente da far desistere chi non è preparato (o, semplicemente, non informato).
Ora, per riequilibrare andrò a vedere il film tratto dalle Particelle elementari di Houellebecq - il link è al libro, con molti interventi interessanti nei commenti. Emerge la tesi, registrata nei temi autoriali (da uno dei quali è tratto il film), che la civiltà occidentale è giunta ad un punto di non ritorno. Tesi affascinante, senz'altro.
Tempo fa un mio amico mi raccontava che un amico di suo padre, alto dirigente della FAO, qualche anno fa si è ritirato in un monastero ed ha abbandonato tutto. Perché, diceva, oramai l'uomo ha superato il punto di non ritorno nell'utilizzo delle riserve della Terra.
Grazie del post, vorrei andarlo a vedere. Ho letto una splendida intervista con l'autore di recente, cercavo giusto il sito ufficiale :)