Bendetto XVI interviene dopo la traduzione di un manoscritto
Nessuna riabilitazione: "E' un bugiardo e un superbo"
CITTA' DEL VATICANO - Il Papa sconfessa il Vangelo di Giuda. Nessuna riabilitazione per l'apostolo traditore. "Giuda fa il doppio gioco", ha detto Benedetto XVI durante l'omelia del giovedì santo. "E' un bugiardo e un superbo".
Papa Ratzinger non lo menziona mai, ma il riferimento alla recente traduzione di un manoscritto del 300 dopo Cristo è chiaro. Il quel papiro redatto in copto, la persona di Giuda acquista un ruolo che i vangeli ritenuti autentici dalla religione cristiana mai gli hanno attribuito: non è più il traditore che per 30 denari voltò le spalle a Cristo ma l'esecutore di una richiesta dello stesso Gesù. Nel Vangelo di Giuda la storia è quindi diversa da quella raccontata dai quattro evangelisti: "Tu supererai tutti loro- è la frase attribuita a Cristo - Tu farai sì che venga sacrificato l'uomo entro cui sono. A Te rivelerò i misteri del Regno, un Regno che raggiungerai ma con molta sofferenza".
Benedetto XVI ha voluto cancellare questa interpretazione. Prima della lavanda dei piedi, nell'omelia pronunciata durante la Messa a San Giovanni in Laterano, Papa Ratzinger è stato chiaro sulla figura dell'apostolo: "La vicenda di Giuda dimostra che esiste nel mondo l'oscuro mistero del rifiuto dell'amore di Dio da parte dell'uomo. L'amore del Signore - ha detto Bendetto XVI - non conosce limite, ma l'uomo può porre ad esso un limite''.
Richiamandosi alle parole di Gesù ai suoi discepoli durante l'ultima cena: ''Voi siete mondi, ma non tutti'', Benedetto XVI ha aggiunto: ''Che cosa è che rende l'uomo immondo? E' il rifiuto dell'amore, il non voler essere amato, il non amare. E' la superbia che non vuole confessare e riconoscere che abbiamo bisogno di purificazione. In Giuda vediamo la natura di questo rifiuto ancora più chiaramente. Egli valuta Gesù secondo le categorie del potere e del successo: per lui solo potere e successo sono realtà, l'amore non conta. Ed egli è avido: il denaro è più importante della comunione con Gesù, più importante di Dio e del suo amore. E così diventa anche un bugiardo, che fa il doppio gioco e rompe con la verità; uno che vive nella menzogna e perde così il senso per la verità suprema. In questo modo egli si indurisce, diventa incapace della conversione, del fiducioso ritorno del figliol prodigo, e butta via la vita distrutta''.
A conclusione della sua omelia, il pontefice ha spiegato il senso della lavanda dei piedi e dell'invito di Gesu' a lavarsi i piedi gli uni gli altri. "In che cosa consiste il lavarci i piedi gli uni gli altri'? Che cosa significa in concreto? Ecco, ogni opera di bontà per l'altro - specialmente per i sofferenti e per coloro che sono poco stimati - è un servizio di lavanda dei piedi. A questo ci chiama il Signore: scendere, imparare l'umiltà e il coraggio della bontà e anche la disponibilità ad accettare il rifiuto e tuttavia fidarsi della bonta' e perseverare in essa. Ma c'e' ancora una dimensione più profonda. Il Signore toglie la nostra sporcizia con la forza purificatrice della sua bontà. Lavarci i piedi gli uni gli altri significa soprattutto perdonarci instancabilmente gli uni gli altri, sempre di nuovo ricominciare insieme per quanto possa anche sembrare inutile. Significa purificarci gli uni gli altri sopportandoci a vicenda e accettando di essere sopportati dagli altri''.
(da Repubblica)
PS. Notare il "Bendetto": Repubblica coi suoi errori oramai fa la storia :-D
PS.2. Stranamente Corriere non ne dà notizia (o almeno io non ne ho trovata)
In quello che hai scritto - o se preferisci che ha scritto Rep, ma con loro è come sparare sulla crocerossa - c'è un errore di fondo.
Il Vangelo di Giuda è un testo gnostico, che con Giuda (inteso come apostolo) in realtà ha ben poco a che fare se non perché è usato come simbolo del pensiero dualista insito (traduco: Giuda è necessario tanto quanto Gesù per la salvezza, perché non può esistere il Bene senza il Male)
Ratzinger, che è molto più bravo di me, è ovvio che non si mette nemmeno a parlare del Vangelo di Giuda, ma si limita a commentare il Vangelo di Giovanni (quello che a Milano viene letto alle Palme, invece che farsi il Passio)
Eh c'hai ragione, ci avevo pensato ieri ma siccome era tardi non ho corretto. Mea culpa. Certo che una volta che mi son fidato de Repubblica ... :D
(forse allora loro confondono col Vangelo di S.Giuda)
IL VANGELO DI GIUDA
Di Vangeli, oltre i quattro canonici riconosciuti dalla Chiesa Romana, ve ne sono altri e fra questi ora assurge alla ribalta mediatica il Vangelo di Giuda che si conosceva da tempo. Come cogliere l’evento che solo ora sembra porsi in modo incisivo? Per un «segno dei tempi»? Poiché in qualche modo influirà su molti modellandone il pensiero. In sintesi ciò che viene riportato dai media su questo tema è che «Fu il Cristo a chiedere a Giuda di consegnarlo alle autorità romane»: dunque può essere che in questa frase risieda il «segno del nostro tempo». Il resto fa da contorno e poco o nulla conta. Ma questa supposizione non regge se il prezzo è la compromissione di due millenni di Cristianesimo, salvo a riscontrare un certo compromesso atto a perfezionarlo semmai.
Per stare in linea con la tradizione cristiana si può interpretare la cosa con un velato intento manovrato dal destino, sia per Gesù Cristo, «figlio dell’uomo e figlio di Dio», sia per Giuda Iscariota di cui si dice che era preso dal potere, in modo che per vie “inverse”, ma concordanti, si adempisse il «segno» in questione. Per dire che entrambi - Cristo e Giuda - si conformarono secondo le rispettive “inclinazioni”. Di qui il il “vero” dalle due facce opposte - diciamo - in “buona fede”. Più chiaramente riesco a immaginare che le argomentate “inclinazioni” dovevano fare i conti con i relativi processi mentali a livello intuitivo. Dunque il tradimento di Giuda potrebbe essere visto secondo il relativismo del suo tempo. Venendo al fatto saliente in stretta relazione all’epoca attuale, l’atto deicida di Giuda può essere descritto come quella di un genere di “apostolo”, stracolmo di zelo a modo suo specifico, che “stacca la spina” della “macchina” uomo in cui viene detto (per bocca di Giuda) che “alloggia” il Cristo, altrimenti non si adempie il progetto di redenzione umana. Insomma la venuta del Cristo, a ragione del suo alto mandato non si può vedere senza ammettere delle “quinte” di un processo iniziatico in cui era previsto anche l’atto tragico finale, quello della morte iniziatica, appunto. Perciò il tradimento di Giuda va visto come l’episodio sacrale più importante, a dispetto delle apparenze spregevoli. La conclusione, con l’avvento dell’entrata di Cristo trionfante a Gerusalemme, vede in lui un uomo su un puledro, quasi inesistente, solo un dio che agogna la morte come liberazione per predisporsi ad un regno pronto a popolarsi di anime umane di nuova generazione. Prova ne è lo strano comportamento di Gesù Cristo alle pressanti domande di Pilato prima della sua condanna alla crocifissione. Il resto, ora appare chiaro perché trova riferimento alla tanto discussa eutanasia. Eutanasia, che etimologicamente significa «buona morte», ossia un’azione o una omissione che di natura sua, o almeno nelle intenzioni, procura la morte allo scopo di eliminare il dolore. Si deve convenire che il Cristo, nel procedere verso il compimento del suo mandato, che doveva compiersi per “mano sua”, da Dio che era a causa di ciò non era tanto il dolore della morte che doveva affrontare a torturarlo, bensì un altro. Doveva predisporre le cose, da divino che era ed in perfetta armonia col Padre in lui, in modo che uno dei suoi fidati apostoli facesse da “sgabello” per il suo “suicidio”, altrimenti come pensare di redimere l’umanità dal peccato originale, sostituendolo con un altro altrettanto mortale? L’umanità per vie trasverse ne ha pagato il prezzo, ma non senza il Cristo a sostegno che con la crocifissione in una buona misura si è svincolato dalla gravità del tradimento di Giuda, eccetto dal restante fino alla fine dei tempi. Per dire forse che ora tocca all’umanità risolversi sulla necessità di fare la parte di Giuda per lenire il dolore di tanti esseri che vivono da irredenti perché tenuti “a forza” in vita, ma che tale non è.
Ma il discorso sull’eutanasia, in stretta relazione con la «macchina-uomo» e con il «segno» di Giuda emergente in quest’epoca cruciale dal suo evangelo, porta alla consapevolezza di un altro discorso, quello sull’Anticristo.
La resurrezione del Cristo dopo la sua crocifissione sul Golgota di più di duemila anni fa è oggi - mettiamo - contrapposta dalla “resurrezione” nientemeno che dell’Anticristo. Questo sembrerebbe il fatto, altrettanto “travolgente” dell’uso - oserei dire - estatico della morte, ovvero della «macchina-uomo» da vedersi come “vittoria” sulla “vita terrestre”. Vedi il ricorso spregiudicato all’immolazione di giovani islamici, che non si contano più, presi dall’euforia di un migliore e definitivo destino ultraterreno tutto volto per un riscatto di una esigente religione ritenuta oltraggiata da un Occidente miscredente da debellare assolutamente.
Ricapitolando, a cominciare dalla resurrezione del Cristo dopo la crocifissione sul Golgota di Palestina, si può interpretare ogni casa sopra esaminata - Apocalisse di Giovanni alla mano - come l’inizio del regno di «mille anni». Infatti così è detto da Giovanni apostolo: «...Vidi poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell’Abisso e una gran catena in mano. Afferrò il dragone, il serpente antico - cioè il diavolo, satana - e lo incatenò per mille anni; lo gettò nell’Abisso e ve lo rinchiuse e ne sigillò la porta sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni...».
Ma ora può essere che la supposta venuta alla ribalta della cronaca mediatica del Vangelo di Giuda, noto per altro da tempo (come pure l’Apocalisse di Giovanni del resto), porti come suddetto, ad un certo “compromesso” che vedrebbe l’Anticristo in auge se pure a “basso tono”, ma pur sempre relativamente letale. Prova ne è il testo dell’Apocalisse, prima citato, che così prosegue: «Dopo questi (il diavolo, satana) dovrà essere sciolto per un po’ di tempo...», ma nessuno ha mai capito come in particolare e a che tempo si riferisce.
Conclusione:
Delle cose di questo mondo sono note sempre due facce di cui una di essa è quella che domina e l’altra è come se fosse in un profondo abisso. Tuttavia quest’altra faccia, al pari di una cometa, immancabilmente dopo un lungo tempo ricompare. Di solito accade che, per quanto vi si faccia clamore, non sembra che avvengano fatti ad alterare la fisionomia della faccia nota e così l’altra faccia si sbiadisce rapidamente ritornando nella sua vecchia lontananza. Ma, come nel caso del Vangelo di Giuda, oggi alla ribalta della cronaca, in particolare attraverso il web, può essere che qualcosa avvenga nel mondo odierno come preso dalle doglie, non solo a confermare la religione del Cristo diffusa in poco più di due millenni di storia, ma a perfezionarla conformandola ad un concetto globale, non solo spirituale. Ecco che la realtà terrena dell’umano vivere, presa in uno stallo dei valori sul punto da corrompersi del tutto, è come rinverdisse per dar luogo alla nascita al “figlio della vecchiaia”, come fu con Isacco biblico per Abramo. Però sulla scorta di questo paragone sappiamo che per arrivare a tanto ci fu bisogno della nascita del precedente figlio, Ismaele nato dalla sua schiava egizia Agar e non dalla sua giusta sposa Sarai che era sterile.
Ecco una cometa del passato che parla sulla saggezza e necessità là dove tutto si dimostra buono e rassicurante, ma sterile e bisognoso di un briciolo di vita che solo dalla parte del “male” è possibile rintracciarlo.
Il «briciolo di vita» dalla parte del «male».
«Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e uno si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e non andrà a cercare quella dispersa? E se gli avviene di trovarla, in verità vi dico che se ne rallegra più che per le novantanove, che si sono smarrite. Così pure non è volere del Padre vostro che è nei cieli, che uno solo di questi piccoli vada perduto.» (Matteo 18,12-14).
Ed ancora sul «briciolo di vita» dalla parte del «male».
Il buon pastore. «...E ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche quelle bisogna che io guidi; ed ascolteranno la mia voce, e ci sarà un solo gregge, un solo pastore...» (Giovanni, 10,16).