Mi fanno ridere quelli che parlano di scontro di civiltà. Non da meno sono quelli che parlano di scontro di religioni, come se peraltro fossero la stessa cosa.
Eppoi ci sono quelli del Manifesto, che dicono che il papa è finalmente fallibile (aleluja): oggi nell’editoriale. Una qual certa ignoranza religiosa pensavo fosse stata ridotta nelle redazioni, tantopiù in quelle comuniste. L’infallibilità cui forse voleva riferirsi il quotidiano è quella dogmatica, in materia di fede e morale, che non centra con i discorsi (Regensburg) che fa il papa in giro per il mondo il quale, altrimenti, è sempre fallibile (forse meno dei giornalisti, questo si).
Quello che magari fa pensare un pochino è come una manifestazione del libero pensiero, ancorché espressa da una personalità così in vista (…), nel contesto di un discorso accademico – quindi pieno di citazoni, volto a giungere a conclusioni di tutt’altro genere, possa essere così stravolta e strumentalizzata da intere schiere di “scontrosi” fanatici religiosi.
6 thoughts on “scontro, quale scontro?”
il problema è che spesso questi fanatici religiosi sono più che semplici ignoranti..per loro lo scontro di civiltà è invece una realtà concreta e reale, qualcosa da costruire mattone su mattone in un disegno strisciante, sotterraneo, che ha i suoi adepti e i suoi scopi. e lo scopo primario neanche tanto sommesso è combattere la cultura occidentale, soprattutto quella cristiana che è infedele, qualsiasi cosa si faccia. Ha ragione il papa ad insistere sulla profondità del pensiero religioso: la nostra scristianizzazione è quella che ci rovina dal di dentro, la cultura dominante del consumismo e del relativismo sono le cause del male occidentale. E se l’oriente approfitta del pensiero debole europeo per attecchire con le sue pseudo-religioni, il mondo arabo sta premendo sull’acceleratore. il papa è un pretesto. l’idea è ridurci al silenzio: niente vignette, niente papi che citano testi, niente rompicoglioni sulla via della diffusione al mondo dell’idea profetica. insomma un’ideologia ecco, ed anche delle peggiori.
Stupisce che questi focolai di violenza possano avere un disegno, eppure a pensare male si fa peccato ma ci si può indovinare. In ogni caso il Papa non ha detto NULLA che potesse dare adito a queste manifestazioni di ignoranza globale. Era una citazione intellettuale che lui portava in un discorso accademico fatto all’università! Ci manca che ora uno in un discorso non può neanche citare altre fonti….. che tristezza.
Peraltro, leggevo ieri un piccolo articoletto sul Corriere della sera, all’indomani della morte della Fallaci, su un resoconto aereo con Casini. Beh, le parole della scrittrice sembrano presagire esattamente quello che è successo. Da’ da pensare.
Ho visto ora che il link al Manifesto non è permanente. Incollo qui l’incipit dell’editoriale:
Se il papa sbaglia
Marco d’Eramo
Benedetto XVI ha infine dimostrato, dopo 2000 anni, in modo definitivo e incontrovertibile, la dottrina della fallibilità del papa. Il pontefice che la stampa inglese insiste a definire «il rottweiler di dio», l’ex prefetto del Santo Uffizio, è riuscito a sgretolare uno dei cardini dell’ortodossia cattolica: prima con i suoi attacchi al limite della goffaggine contro Maometto, durante la visita in Germania e, ieri, con le sue «quasi scuse» e la sua «desolazione» di fronte alla marea crescente di proteste tra il miliardo e 300 milioni di musulmani nel mondo. Il papa sbaglia.
Ma la disfatta teologica impallidisce di fronte al […]
Raramente ho letto una tale prosa di insensatezze in così poche righe 😀
concordo sul fatto che le affermazioni del Papa siano state gonfiate, manipolate e rielaborate da chi desiderava strumentalizzarle.
e tuttavia la citazione di Paleologo, da qualsiasi parte la si prendesse (contestualizzata, decontestualizzata, anche cambiando l’ordine delle parole…) era davvero infelice.
IMHO qualsiasi figura istituzionale, ancorché liberissima di esprimere il proprio pensiero (e l’intervento UE mi sembra quanto mai appropriato) deve pesare col bilancino ogni parola detta.
in effetti è strano che il Manifesto non sappia cosa sia esattamente l’infallibilità del papa. Non c’è più religione 🙂
La storia, specialmente quella antica, conosce molti scontri fra culture diverse, agguerrite e desiderose di conquiste territoriali ed economiche. Le guerre di religione, soprattutto quelle dei secoli dal Trecento al Seicento, anche se la motivazione etica e fideistica era fortemente sentita, di fatto erano modi “moderni” di vincere un avversario e sottomotterlo. In generale, ricordiamoci sempre che la forma politica è aggiunta alla dichiarazione religiosa.
Così, attualmente, il grande Califfato, che viene proposto con molta decisione da numerose autorità islamiche, non deriva direttamente dai testi sacri fondamentali del mondo musulmano, esattamente come non c’è la minima traccia di Sacro Romano Impero nei Quattro Vangeli e nelle Lettere degli Apostoli.
L’ultima esperienza di scontro della cultura greco-romana con quella araba, vide Grecia, l’Italia, Spagna oggetto di desiderio e di conquista con guerre tradizionali. Non erano contro-crociate, né risposte a qualche Fatwa. L’ultima esperienza di incontro fra un Imperatore della tradizione occidentale e le popolazioni fedeli al Corano lo tentò Federico II, di stirpe teutonica, ma nato a Jesi nelle Marche e innamorato della Sicilia.
Quindi è chiaro che ancora oggi ci sono due modi di affrontare il problema: la risposta armata o l’intesa (che include integrazioni parziali). Probabilmente l’Occidente continuerà a servirsi di entrambi, dichiarando preferibile il secondo. Ma non lo farà per cavalleria: semplicemente perché le armi atomiche sono acquistabili (o fabbricabili) anche da parte dei governi col turbante.
E poi c’è una seconda ragione: il globalismo fa gola anche ai petrolieri che per ragioni di rispetto della tradizione non bevono vino in pubblico. La concorrenza e la competizione l’abbiamo insegnata noi del trend americano al resto del mondo. Perciò non ci possiamo scandalizzare se delle autorità religiose che “gestiscono” più di un miliardo di persone ambiscono a diventare manager, o almeno capi-area dei mercati di Roma, Parigi, Londra. La Croce è un buon pretesto. Quel che conta è la logica delle multinazionali. O mi sbaglio?