Luciano Giustini ragionamenti a lettere..

Eluana Englaro

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All’inizio ero infastidito da quello che trovavo essere, a mio avviso, un accanimento mediatico ed una strumentalizzazione sulla questione di Eluana: un’ossessione che passava dallo schermo catodico ogni giorno. Trovavo un po’ fanatiche le immagini di chi si schierava a favore o contro questa decisione, di tante persone,
anche amiche, con cui mi sono confrontato e che trovavo adolescenziali ed esagerate nelle loro manifestazioni di fede, tanto quanto le manifestazioni della sponda opposta, così forzatamente anticlericali e sfacciatamente materialiste.
 
Nella mia concezione, la fede deve essere silenziosa e concreta
nei fatti e nell’azione (sociale, politica, caritatevole), mai sbandierata nè imposta. Ma
questo è un sentimento mio e va bene.

Quello che però mi sembra, al di là del significato religioso o meno della vita, è che l’esagerazione su una sola
persona ed un solo caso ci porta a perdere di vista il lato meno emotivo della questione (come scrive Leonardo “la gente nasce e muore tutti i giorni”) e forse nasconde un tentativo – da una parte – di introdurre surrettiziamente l’eutanasia nel nostro ordinamento creando il caso – e dall’altra di strumentalizzare la vicenda per ottenere attenzione su vicende successive (Costituzione, scontro politico, etc).

Non voglio entrare nella polemica politica, dunque, che ci porterebbe lontano e che mi sembra anche fuori luogo in questo momento, nel quale ci si aspetterebbe forse un passo indietro per ricostruire un dialogo come ricorda su Facebook il mio amico Giuseppe. Mi rimetto, invece, alle parole di mons. Crociata che ha giustamente ribadito
che di fronte al dolore della morte bisogna solo fare silenzio e per
chi crede pregare e assicurare “assoluta vicinanza e comprensione alla famiglia e alla ragazza, con un sentimento di compassione rispettosa”. Vicinanza anche al dolore ed alla sofferenza del padre, quindi, e della madre.

Mi sono preso la briga, però, di tentare una sorta di ragionamento secondo gli aspetti razionali e logici della situazione e delle decisioni che si sono prese (o si stanno prendendo), addirittura con lo strumento di un diagramma di flusso, tipico di noi ingegneri e in generale del mondo scientifico. Posso sbagliarmi, ma non credo che la decisione del premier sia così peregrina come sembra, ché senza una legge in proposito ed una testimonianza chiara scritta, la decisione di un giudice sull’epilogo dell’esistenza di una persona appare come una condanna a morte.
Rimane il fatto che in presenza di un vuoto legislativo le decisioni etiche sulla vita e la morte delle persone restano a prenderle i singoli giudici. E questo, a mio sentire, non mi sembra un gran segno di civiltà.


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