Riporto questa bella intervista pubblicata su E-polis di oggi (ieri, probabilmente, per chi legge ndr) a Giovanni Lindo Ferretti, leader carismatico del punk italiano di estrema sinistra, oggi protagonista di un’inattesa conversione religiosa.
In un post di qualche mese fa un incredulo Leonardo tentava di spiegare il gesto di Ferretti con la sua scarsa conoscenza pregressa del catechismo:
C’è qualcosa che possiamo fare? Per lui? O per non diventare come lui?
A domanda rispondo che l’unico vero vaccino a quel che è successo a Lindo (la vocazione fulminante) andava preso da bambini. Si chiama catechismo, è abbastanza duro da mandar giù, ma se ti fai la trafila regolare dalla prima confessione alla Cresima, ti puoi considerare abbastanza immunizzato.
Beh pare che non sia esattamente così. La sua conversione profonda è, soprattutto, una ri-conversione perché prima di fondare i CCCP era un bambino di sana fede cattolica, lo stesso che oggi dice:
Per quanto riguarda l’eutanasia e l’aborto la penso esattamente come sua Santità il Papa
Il catechismo, Giovanni, lo conosceva bene.
“Dato il luogo e il tempo sono stato un giovane estremista sciocco, stupido e di buon cuore. Non mi rinnego né mi consolo, per quello che oggi sono non posso che accettare quello che sono stato».
Con la stessa scrittura spoglia, allitterata e di grande espressività emotiva di certi suoi dischi, Giovanni Lindo Ferretti, carismatico leader dei Cccp, Csi e infine Pgr, manifesta pubblicamente la sua “conver – sione” e il ritorno fisico e metaforico alle origini. E lo fa attraverso le pagine del suo primo libro che reca un titolo evocativo del percorso compiuto: Reduce. Mistico laico della musica alternativa italiana e inventore del punk filosovietico, Ferretti si racconta in un’autobiografia dall’incedere gregoriano giudicata da molti il segno tangibile di una inversione di rotta politica,
filosofica e religiosa. Un collage di appunti di viaggio, preghiere e poesie ma soprattutto anatemi contro le distorsioni della società contemporanea che gli sono valsi gli appellativi di neo-con e intellettuale pro-Ratzinger. «Non c’è nessuna figura politica che mi rappresenti, però è vero sono interessato al cosiddetto pensiero
neo-conservatore», afferma serenamente, «ne rigetto alcuni dogmi ma sicuramente mi trovo d’accordo sui limiti intoccabili: quelli che la Chiesa cattolica vuole tutelare. Non riconosco a nessun progresso di decidere sull’inizio e la fine della vita. Osteggio la scienza ogni qual volta diventi ideologia e non soluzione ai problemi pratici.
Per quanto riguarda l’euta – nasia e l’aborto la penso esattamente come sua Santità il Papa».
Dai Cccp Fedeli alla linea alla svolta cattolica. Che cosa è accaduto? A quattordici anni vidi in televisione
una delle prime cariche del Maggio 1968. Io ragazzino schivo e montanaro non avevo mai visto nulla di così vitale: era qualcosa di assolutamente nuovo e volevo a tutti i costi farne parte. E come canto in una mia canzone con i primi peli le idee impazzano, da quel momento in poi sono stato estremista, punkettone, fricchettone e mi sono anche voluto ricostruire ateo, pur essendo stato un bambino religiosissimo. A un certo punto però non traevo più soddisfazione dalle cose che facevo, da quello che ero. La parola fine ad ogni idea di comunismo la
misi durante un viaggio in Mongolia fatto subito dopo la caduta del muro: vidi la devastazione e provai un dolore fortissimo. Il ritorno alla fede coincide con il ritorno nella sua casa di bambino, a Cerreto Alpi nell’Appennino tosco-emiliano. Sono tornato a vivere nel casolare di famiglia, nella mia montagna, là dove regna il tempo della lentezza e si vive con naturalezza in una dimensione molto religiosa. Nel mio crinale ritrovo lo spazio che permette all’infinito di scendere dentro di me perché la mia vita senza la dimensione trascendente sarebbe troppo povera. Il ritorno a casa è stato naturale. Sono sempre un uomo dei monti che a un certo punto ha deciso di scendere a valle per vedere come si vive nel tempo rapido de ll ’attualità. Non rinnego quanto fatto ma da lì vengo e lì torno.
Dopo vent’anni dicanzoni,perché ha scelto la forma-libro per raccontarsi?
La lingua è sempre la stessa, secca e scortecciata, ma ho deciso di scrivere un libro perché i testi delle canzoni non mi bastavano più. E poi ho cominciato a cantare quando ero un giovanotto, ora a cinquantatrè anni non sono stanco della parola ma del palco. Il libro è nato durante il mio viaggio tra preghiera e cammino a Gerusalemme, l’esperienza più choccante e eccitante della mia vita. Ero talmente colpito che non riuscivo a prendere sonno e proprio in quelle notti ho iniziato a scrivere “Reduce”.
Pubblicatoun anno fa, il libroha avuto un grande successo. Ha conquistato nuovi fan ma una parte dei vecchi si sente smarrita e nei blog impazza il dibattito. Il mio rapporto con i fan è stato sempre onesto e pulito e così rimarrà. Nonmi preoccuponémi sono mai preoccupato della popolarità.
Chi mi segue e mi ha seguito, mi conosce. Non voglio insegnare ma esprimere la verità del mio cuore.
One thought on “Infinito inside”
1) Povero Lindo, niente potra’ mai eguagliare cio’ che fu il C.S.I. Niente.
2) Cosi’ come le devastanti terapie oggi conosciute non sempre possono impedire il ritorno di un cancro, allo stesso modo qualche anno di punk non ha potuto debellare del tutto l’oscuro male che albergava in lui.
3) Tutti invecchiano. Alcuni senza rimanere lucidi.
semplificatamente,
Cthulhu