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Stiamo assistendo a scene di guerriglia estremamente gravi che coinvolgono alcune città in Italia, in particolare Roma.
Gruppi organizzati di violenti rischiano di portare il Paese (e specialmente la Capitale, sede di tutte le istituzioni centrali) verso un pericoloso ambito da “guerra civile” e di contrapposizione tra frange di estremisti, le cui conseguenze sono difficili da prevedere.
Come si è arrivati a questo?
Si dovrebbe comprendere, insieme a tutta una serie di pensatori di sinistra, destra o di centro, giornalisti, intellettuali, maître à penser votati all’ordine e disciplina, che comunque la si veda la priorità di qualsiasi agenda politica dovrebbe essere ridurre questo rischio di deriva.
Per certi versi, il problema nasce anche in questa “società liquida” (dalla felice definizione del filosofo Z. Bauman) e precisamente in una certa riconfigurazione ideologica e valoriale nella quale è immersa: se il problema sociale diviene più drammatico, può sembrare un dovere etico e morale dello Stato porvi rimedio. Ma non è affatto una strategia percorribile senza danni collaterali.
Per alcuni il primo obiettivo politico si riduce a un “abbattere Berlusconi” mentre per altri – specularmente, è solo “difendere Berlusconi” (dall’altra parte dello schieramento). Capire che riducendo tutto soltanto a questa totale polarizzazione (senza dubbio l’argomento comprende anche una crescente e ben nota inadeguatezza di Berlusconi, ma nelle vicende storiche e politiche di una nazione non è mai un singolo a creare tutto il problema) si alimenta lo scontro ideologico, di piazza, oltre che sui media e naturalmente su web, dove è un proliferare di attacchi e difese, in uno schema di aggressività crescente che rischia di devastare il dialogo e il confronto..
Affrontare il problema alla radice significa, forse, affrontare un’epoca di decadenza civile e morale che ci attanaglia dalla fine degli anni Ottanta (conseguenza e sintomo anche dell’edonismo e libertarismo reaganiano, il cui riverbero purtroppo si è diffuso estesamente oltre oceano) ma credo che anche qua si possano trovare molti soggetti responsabili… E questo difficilmente lo può fare un governo o ancor meno un’opposizione. Eppure l’unica strada, l’unica via, l’unico percorso possibile è favorire l’educazione delle coscienze, investire nella cultura, nella formazione e soprattutto nel ritorno alla formazione, ad un’etica e una civiltà di convivenza e dialogo che sta diventando sconosciuta non soltanto dentro i palazzi del potere, ma soprattutto fuori, e della cui eclissi pagheremo forse un prezzo più avanti.