Luciano Giustini ragionamenti a lettere..

Radici cristiane, queste sconosciute

“Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti”. Ipocrita in greco significa attore, i quali si facevano precedere sulla scena da un banditore.
Sulle radici cristiane (o giudaico-cristiane) dell’Europa, assenti dal Preambolo alla Costituzione Europea di prossima approvazione (si legga in proposito Connubio del 29/6 scorso) si sono letti diversi interventi (in particolare Contaminazioni, e Babsi Jones). Alberto Biraghi cita un articolo dell’Unità che riesce a concentrare in poche righe così tanti errori/orrori storico-culturali da essere quasi affascinante (già il titolo del post è di per sé una chicca: “Radici cristiane? Ma non diciamo fesserie”).
Vorrei cercare di mettere un po’ di chiarezza nella controversa questione. Per fare ciò mi sono consultato con un mio amico storico (nel senso di laurea in Storia) che mi ha dato quelle informazioni mancanti di un puzzle che è di difficile composizione ma la cui figura finale è certa. Questo è il resoconto del suo importante ausilio.
Non partirò dallo zero, cioè dall’inizio convenzionale del calendario cristiano, che è come dire già partiamo male, ma certamente l’epoca di Cristo ci dà una chiave di lettura importante per capire quello che è successo prima.
L’ebreo Gesù di Nazareth non aveva radici classiche ma viveva ai margini della cultura greco-romana, il cui centro, Alessandria d’Egitto, geograficamente gli era vicina. Più che di cultura classica sarebbe più esatto parlare di cultura ellenistica: il mito dell’impero di Alessandro Magno era ciò che cantavano gli intellettuali, e a cui i cesari guardavano con ammirazione. Il Medio Oriente era il fulcro economico e politico di questo impero.
Gli ebrei galilei erano a contatto con un ambiente ellenistico, come dimostrano le parole stesse di Gesù. A poca distanza da Nazareth c’erano città con templi e teatri. Due discepoli avevano nomi greci e trovandosi a Gerusalemme dicono che alcuni “greci” vogliono vederlo: greci non di denominazione geografica ma culturale.
“Galilea delle Genti” dicevano con disprezzo gli ebrei giudei per accusare di ellenizzazione gli ebrei galilei.
La maggioranza degli ebrei viveva fuori dalla madrepatria, e parlava greco. Ciò non vuol dire che vivessero un sincretismo religioso (ovvero non mischiavano le religioni, cioè non accettavano implicitamente la cultura greca). Saulo di Tarso (S.Paolo) era un ottimo esempio della preparazione teologica che aveva un rabbino della diaspora..per dire.
Già alcuni secoli prima di Cristo i maestri della legge di Alessandria avevano tradotto i testi ebraici in greco, la cosiddetta Bibbia dei Settanta (quella che si trova citata come “LXX”). La traduzione risentiva dell’influsso della filosofia: nelle scuole si leggeva Omero e, oltre al bello scrivere, dall’esegesi dei suoi miti si traeva spunto per tutti gli altri insegnamenti, cosmologici, politici, etici.
Gli ebrei della diaspora (per non essere da meno) fecero emergere dalla scrittura mosaica tutte le verità compatibili col pensiero greco, e così facendo rivestirono di significati teologici termini che per i greci erano solo gnoseologici (ovvero con un significato conoscitivo). Lo stesso faranno i cristiani.
In altri termini, fu la filosofia a venire a patti con il dogma cristiano, e non il contrario.
Filone di Alessandria, di fede ebraica, lingua greca, cittadinanza romana e coetaneo di Cristo, è l’autore più citato dai padri della Chiesa, e non a caso. Dopo la distruzione di Gerusalemme, l’ebraismo – per marcare la distanza dal cristianesimo – fissò il canone dei libri sacri ai soli che avevano un originale ebraico e promuovevano una nuova traduzione della Bibbia in greco, abbandonando in mano ai cristiani una produzione intellettuale genuinamente ebraica ma che ormai puzzava troppo di cristianesimo.
“I nostri fratelli maggiori”, gli ebrei sono quindi figli della interpretazione cristiana della sapienza mosaica per i gentili (cioè i non ebrei). Non a caso sono stati i cristiani a voler ribadire le radici giudaico-cristiane dell’Europa, non ovviamente gli ebrei.
Il cristianesimo non nacque in Europa, ma all’interno dell’impero romano che non era un impero europeo. Oltre il Danubio – in quella che per noi è l’Europa centrale – non vi erano città, quindi per i romani non c’era civiltà. I cristiani condividevano esattamente questo pensiero..e il cristianesimo si diffuse come una religione urbana: in ogni città c’era una gerarchia ecclesiastica i cui membri si autodefinivano “ministri”, cioè servi della comunità (terminologia ed ideologia dell’autorità che dalle curie vescovili passerà con qualche modifica ai nostri politici…).
A differenza di ogni altro “centro culturale” dell’antichità, nella Chiesa cristiana potevano entrare uomini e donne di ogni condizione sociale. Le distinzioni sociali fra i cristiani rimanevano chiare, ma tutti potevano essere chiamati ad una stessa dignità spirituale. Ciò che maggiormente stupiva era che, spostandosi di città in città, la gerarchia ecclesiastica era sempre la stessa: diaconi, presbiteri, vescovo, mentre nei culti pagani i riti erano legati alla memoria mitica di un luogo. La Chiesa cristiana invece era catholica, cioè presso tutti, anche economicamente: l’elemosima era un elemento fondamentale che nei secoli ha assunto connotazioni sempre più importanti.
Insomma, la forza e il fascino del cristianesimo stava nell’unire strettamente filosofia, etica e ritualità religiosa, che nella mentalità dell’uomo classico erano nettamente separate.
Questa compattezza ideale servirà a Costantino per ricompattare quell’impero per cui fonda ad Oriente la “Nuova Roma”. La nuova capitale senza templi pagani, ma non senza dei. Costantino fece portare da tutta la Grecia statue di divinità pagane per ornare le vie di Costantinopoli. E qui emerge il fattore fondamentale dell’umanesimo cristiano: l’ammirazione per la cultura classica. I monumenti del pensiero greco, della giurisprudenza latina, e della poesia, furono rispettati ed usati (fintantoché non contrastassero la fede e la morale cristiana). Le statue classiche potevano essere ammirate nelle piazze di Costantinopoli, l’importante era che nessuno credesse che rappresentassero divinità reali. La mitologia senza soluzione di continuità fino alle Grazie del Foscolo è rimasta per l’uomo occidentale il regno delle rappresentazioni di allegorie concettuali.
Anche le invasioni barbariche ci davano un’idea ben chiara della evoluzione in atto: nel IV secolo l’impero si stava cristianizzando e gli stessi barbari invasori erano cristiani. Il fatto che fossero cristiani denota che erano più romanizzati di quello che i romani mediterranei volevano ammettere.
Per loro – ecco la rivoluzione – romano è sinonimo di cristiano e cristianesimo è sinonimo di classicità. In Occidente i vescovi rimanevano gli unici a rappresentare la continuità col passato romano, gli unici depositari della cultura latina: i paramenti indossati oggi dal clero durante le cerimonie religiose altro non sono che vestiti romani. Il britannico (e quindi romanizzato) San Patrizio sbarcava in Irlanda e di là inviava in patria memoriali in latino: per la prima volta si parla latino in terre che non avevano fatto parte dell’Impero.
Nel frattempo – dalla Spagna alla Siria – il Mediterraneo diventava un lago musulmano. L’imperatore si continuava a chiamare “re dei Romani”. Anche i musulmani erano convinti che Bisanzio fosse Roma, ed infatti i cristiani loro li chiamavano “Rumi”, i romani. Diversamente la pensavano a Roma, dove l’imperatore era solo il “re dei Greci”. Per i bizantini la Santa Romana Chiesa era solo la Chiesa dei Franchi. Le due Rome a malincuore furono costrette a distogliere lo sguardo dal Mediterraneo ed a interessarsi a quello che accadeva molto più a Nord. Intorno al Mille il russo Vladimir di Kiev si convertiva e quindi si alleava a Costantinopoli. Il Papa mandava una corona d’oro, e il titolo di re di Ungheria, al capo dei magiari – gli ultimi arrivati – legandoli politicamente e culturalmente al mondo tedesco.


Insomma, gli europei non sono davvero i discendenti di Aristotele e Aristofane ma di Goti, Franchi, Sassoni, Longobardi, e Slavi che abbracciando la fede dei cristiani mediterranei si sono convinti di essere anch’essi discendenti dei greci, come i Franchi del IV secolo che dicevano di essere anch’essi, come i romani, discendenti di Enea, ma di essere arrivati solo da poco da Troia.
E’ stupido domandarsi se l’Europa abbia delle radici cristiane. E’ molto più saggio – anche per i glorificatori di tali radici – rendersi conto che l’Europa non è un monolite, perché sono tanti i cristianesimi che hanno plasmato l’Europa.

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