Nella famosa serie tv anime del 1995 del geniale Hideaki Anno, recentemente mandata su Netflix, alcuni si sono chiesti cos’è e cosa rappresenta (e se ci possa essere un parallelo tra il mecha antropomorfo e l’uomo civilizzato) lo “stato di furia” degli Eva. Forse il messaggio è che siamo [anche] animali istintivi e quella parte di noi, nonostante tutti i richiami di “crescita personale” che ci attorniano ammalianti, non è facilmente gestibile.
Prendiamola un po’ alla larga, sincronicamente. Scrive Goffredo Fofi a proposito del film Forza maggiore (quello della famosa scena della valanga che dà il la all’intreccio):
Ruben Östlund è al suo terzo lungometraggio e viene dal documentario sciistico – strana specialità messa a frutto magnificamente in un film tutto sulla neve e con un solo “effetto speciale” quasi all’inizio, che però è alla base della narrazione. Soprattutto è svedese e si presenta come uno dei pochi eredi dell’insegnamento di Ingmar Bergman, il più grande tra i registi di quella cultura, del Bergman che più crudamente ha voluto mettere a nudo le pulsioni profonde degli uomini del novecento, ancora comprensibili agli uomini di oggi nonostante la mutazione in corso.
Forza Maggiore, cose vere e sgradevoli (Internazionale, 3 giugno 2015)
Sotto la patina della civiltà, un egoismo primordiale, istintivo, che si esprime qui nella viltà del maschio e nella dedizione ai figli della femmina (anche se nella natura, negli animali e dunque anche nei maschi umani può trovare spazio l’istinto di protezione dei propri eredi e della specie).
Il tema degli impulsi primordiali, primitivi, permea la società in molte delle sue manifestazioni comportamentali, dunque emotive, prima che razionali. Dalla fiction svedese alla situazione attuale. I politici di estrema destra e i populisti che in questi anni stanno prendendo il potere in molti paesi europei, oltre che nella più grande democrazia del mondo, gli USA, probabilmente lo sanno meglio di noi e da molto più tempo. Paesi dalla tradizione democratica consolidata che si stanno imbarbarendo e degradando a ritmi veloci, sotto l’apparente cortina di ignoranza hanno una specie di fuoco che cova sotto la cenere, attutito da decenni di benessere. Se togliamo la «patina della civiltà», o la patina del benessere, quello che emerge è un egoismo primordiale, impulsivo, furioso.
Dalla Svezia a noi. I vari Salvini, Meloni, e altri personaggi della destra populista e sovranista nostrana cavalcano – consapevoli dei temi spendibili con l’elettorato – l’onda dell’indignazione emotiva, attaccando i migranti o parlando di “bestie”, di “lavori forzati”, suonando la grancassa dello sfogatoio pubblico dei “tornino a casa loro”, “colpa delle ONG”, “intellettualoni”, “torturatelo”, “mangeranno i pesci”, “se non venivano non morivano” fino all’immancabile ‘“e allora il Pd?”, patetici e tonitruanti nelle camere dell’eco di ogni social network (Facebook e Twitter in cima, ovviamente).
Social network che oggi sono il vero terreno d’elezione di questa barbarie quotidiana, e che però non sono i soli e non certo gli unici colpevoli: dopo decenni moderatamente destrorsi di diversi canali televisivi e di molti siti web “dedicati”, sono anche un effetto e un sintomo di una deriva culturale travolgente.
La cruda realtà mediatica, con le sue necessità e i suoi riti, ci richiama alle verità che a volte i benpensanti preferiscono ignorare. Le cosiddette “valvole di sfogo”, ad esempio queste lunghissime e nauseanti vagonate di insulti che ascoltiamo nei talk-show (dai titoli evocativi, “La gabbia”, “Piazza pulita”, “Quinta colonna”, e così via) o leggiamo sui social – perfino da insospettabili, ma più spesso da chi sfoggia profili con bandierina italiana – non sono solo trappole architettate da social media manager senza scrupoli o politici digiuni di qualsiasi senso civico o istituzionale. O meglio, lo sono anche.
Non bisogna cadere nel tranello di giudicare chi si lascia andare al razzismo e al turpiloquio come effetto collaterale di un genere che non ci riguarda, distante da noi. Il problema è che l’insulto anche più ignobile e disgustoso, nella civilizzazione di moto accelerato uniforme che l’uomo sta vivendo da oltre un secolo, è la parte grossolana, la punta dell’iceberg. E i social network sono un amplificatore emerso nell’ultimo scorcio temporale: per chi sta bene – nel senso psichico – non rappresentano un grosso problema (a parte il disgusto di dover venire a conoscenza nella propria bolla digitale di tali comportamenti), ma per chi sta male sia in un verso che nell’altro rappresentano e favoriscono un acuirsi del disturbo o della malattia.
La trasformazione dell’uomo-animale in uomo-civilizzato non è un processo lineare e tanto meno razionale. È piuttosto razionalizzato, nella misura in cui la società esprime pressione per inculcare valori e princìpi morali, con il fine di controllare sé stessa, e lo fa attraverso le leggi, la tecnologia, il lavoro, lo stato sociale, ecc. Sotto però c’è un’altra pressione, istintuale, evolutiva, primordiale, che può irrompere in ogni momento e devastare un sistema fragile basato sull’autovalutazione comportamentale.
People are more moral than they think, and much more amoral than they imagine.
Sigmund Freud
Il tentativo di incanalare le pulsioni umane esiste da sempre a ogni latitudine, cultura, civiltà, religione; è un processo necessario e difficile, ma nello stesso tempo alimenta una specie di serbatoio, che può essere riempito fino all’orlo sempre col rischio di farlo esplodere. I vituperati vaffanculo day di Grillo non erano tanto peregrini, in tal senso (tra l’altro rispetto alla violenza verbale di certi politici di oggi fanno sorridere): certo, erano la manifestazione di un’ignoranza verbale di bassissimo livello, ma anche il sintomo di un allarme sociale molto esteso, prodromi dello spostamento verso un’estrema destra generalizzata dell’elettore medio.
Sono come due livelli paralleli: uno è quello che si vede e si legge, fatto di slogan cattivi, ignobili, di turpiloqui e di minacce, di intimidazioni e di squilibrata incultura politica e sociale. L’altro è quello che si vive a livello sociale, culturale, di specifica formazione tanto delle classi meno agiate quanto della (un tempo) “media borghesia”.
Se chiedete a uno psicologo cos’è la rabbia, vi risponderà che è un sentimento che è in noi – non colpa dell’altro, da collegare a un bisogno da soddisfare e poi da esprimere. Definizione razionale, senza dubbio. Un “sentimento” sembra una descrizione gentile, quasi romantica, di un elemento potenzialmente devastante.
Una psichiatra tempo fa usò un’espressione più intrigante: lo stato di furia è “un allineamento di pianeti”, cioè partendo dal serbatoio e dall’accumulo che si diceva prima, è una miccia che si accende di autocombustione per lo scatenarsi di una serie di eventi casuali, che avvengono dalla disposizione di qualcosa già presente, tutti insieme, e al momento sbagliato. Ancora, è il sentirsi in trappola, senza vie d’uscita, oppure con un ostacolo insormontabile tra noi e un obiettivo che riteniamo improrogabile. Non è che tutti reagiscono in modo furioso, naturalmente…
La rabbia inespressa porta in modo lineare a una serie di malattie psicosomatiche. Nel tipico caso più generale dell’alessitimia, ad esempio, così diffusa tra i maschi occidentali, può generare disturbi cardiovascolari, respiratori, gastrointestinali e dermatologici, ma anche i sottoinsiemi dell’analfabetismo emozionale possono irrompere all’improvviso, in modi e forme inadeguate (ma perfettamente adeguate a come l’uomo – mente-corpo – è fatto biologicamente).
Veniamo al tema del post, collegato. Nell’anime Neon Genesis Evangelion di HIdeaki Anno lo “stato di furia” (cd. “Berserk”, 暴走, Bōsō, lett. “fuori controllo“) prende il comando degli Eva e si verifica quando gli umanoidi sono sotto pressione, annichiliti o in trappola, con il pilota agonizzante o in pericolo di vita. Il termine stato di furia in realtà è stato inventato, nel discusso doppiaggio italiano, da Gualtiero Cannarsi (quando la serie è stata trasmessa su Netflix).
Quando gli Eva si trovano in questo stato iniziano ad agire in preda a un’incontrollabile e apparentemente istintuale furia distruttiva, e la loro forza e capacità aumenta notevolmente. Alcune unità, anche se hanno le mascelle serrate, le costringono ad aprirsi per emettere un ululato spaventoso. Le cause di questo stato non sono chiare, e non vengono spiegate: sembra che il berserk si verifichi in caso di una crisi psicologica del pilota. Il termine potrebbe fare riferimento ai berserkr, leggendari guerrieri vichinghi fedeli alla divinità di Odino; in battaglia i berserkr entravano in un enigmatico stato di furia che li rendeva feroci e insensibili al dolore.
È interessante notare che gli Eva, nella storia, hanno una batteria che gli consente di rimanere in funzione per un certo periodo di tempo, passato il quale vanno in spegnimento. Lo stato di furia si attiva invece dopo che sono andati in spegnimento, dunque attingendo da una forza “interiore” che non è dato conoscere. Ritsuko Akagi, il capo scientifico, non capisce come l’unità Evangelion 01 si possa muovere senza potenza o input del pilota durante la battaglia con il 3° Angelo. Lo stesso quando l’Eva impazzisce contro il 12° e il 14° Angelo, con le batterie interne completamente scariche. Non c’è alcuna fonte di alimentazione nota durante questi incidenti e, come tale, non è chiaro cosa stia alimentando gli Evangelion in questi momenti. Si può dedurre, tuttavia, che ci deve essere un limite al movimento indipendente alimentato da Berserk, esattamente come la furia dell’uomo una volta scaricata. La funzionalità della modalità Berserk trascende il livello delle conoscenze scientifiche dell’agenzia governativa che li gestisce, non a caso chiamata Nerv (dal tedesco nervo), ma i collegamenti e le analogie sono innumerevoli tra i protagonisti della saga. Lo stesso vale per i robot umanoidi, con tutta la simbologia giudaico-cristiana che contraddistingue l’intreccio narrativo di NGE, evidente a partire dal nome stesso dei mecha e degli Angeli, nei richiami cabalistici, nell’albero della conoscenza che giganteggia nella sigla di apertura come nel soffitto del bunker dell’agenzia, nelle forme figurative in cui compaiono croci, ecc.
È giunto il momento di arrivare alle conclusioni. Nella OST di Evangelion, e in alcuni forum, lo stato Berserk degli Eva è chiamato beast mode. Coincidenza, l’algoritmo che usano i social media manager di Salvini per la sua propaganda e le sue azioni ha un (ipotetico) nome di la Bestia.
Siamo partiti da un concetto, lo “stato di furia” quale condizione umana/umanoide dove si perde il lume della ragione per lasciarsi andare all’istinto primordiale e violento (anche solo nelle parole, non dove sono permesse le armi, vedi alla voce USA), al cervello rettiliano, alla parte limbica, alla “pancia” delle persone. Tutte condizioni, come abbiamo visto, che sono connaturate allo stato dell’uomo e dalle quali non si può prescindere. Alcuni politici sono più astuti degli altri nel patteggiare con questi istinti, e non solo li solleticano, ma li innalzano a stato di diritto, ne fanno la loro campagna elettorale. Altri basculano nel campo opposto e li rifiutano, e fanno finta che non esistano – perdendo consenso e contatto con la “realtà” (di pancia), e consegnando interi paesi alle destre più razziste e nazionaliste; altri ancora usano dati falsi per alterare la storia e creare condizioni disastrose (come la Brexit).
Se c’è qualcosa che forse ci suggerisce il lavoro di HIdeaki Anno, è che in ognuno di noi c’è un ambito più profondo, parallelo a quello razionale ed è “animalesco” e inquietante. Entrambi vanno ascoltati, capiti ed elaborati in una sintesi sociale che non lasci indietro nessuno e che crei le condizioni e fornisca gli strumenti culturali per comprendere la complessità del mondo (incluso quello interiore, che può celare demoni inespressi). Senza fare questo, siamo condannati a cadere in un’ignobile coloritura di disumanità.
La disumanizzazione dell’altro, e di noi stessi, è alla base di ogni dittatura e barbarie umana.