L'altro giorno sono andato a vedere Un giorno perfetto di Ozpetek.
Ferzan lavora bene: bella la scelta degli attori, belle le location (con una non trascurabile confusione tra gli interni di palazzo Sacchetti e gli esterni di un palazzo fascista a Piazza S.Andrea della Valle e viceversa), belle le inquadrature.
Meno bella la storia, poco curata la sceneggiatura, e poi la trama: quasi inesistente. Per uno come Ozpetek, è uno choc. Il film è una tragedia immane, ma esaminata nella sua banale quotidianità, in tutto 24h.
Le recensioni e le opinioni dei lettori sono in gran parte negative, eppure a me è piaciuto. Perchè? Parliamoci chiaro, siamo sicuri che questo improvviso realismo sia un male?
Il film è quasi un documentario, manierato, romanzato, ma il miglior complimento che gli è stato fatto è che non è dissimile da tanti fatti di cronaca uguali.
Ozpetek, nella cadenza data ai personaggi (un bravissimo Mastrandrea) e delle situazioni, nel consueto fondale romano questa volta in atmosfere più cupe e tese, descrive la realtà che ci circonda esprimendone perfettamente i contorni della tragicità: il dramma, lacerante e opprimente, della separazione e della depressione visto nel suo climax.
La separazione tra due persone sposate e con figli come causa di dolore inaudito che viene vissuto in maniera diversa e difficile dalla donna (che magari non ha sufficiente sostentamento materiale), dai figli, e soprattutto dall'uomo (che nella legislazione italiana perde di fatto il contatto con i figli); la depressione che si fa strada, il lucido seme della follia che si vorrebbe sopito ma che invece c'è interiormente per ognuno, e la stolida ricerca della libertà personale e sociale che può portare all'annientamento di noi stessi e degli altri: temi nuovi per gli aficionados del regista turco. Uno lucido squarcio sulla verità, finalmente, a mio parere.
Pensate che la vita perfetta sia quella che stiamo vivendo? No, secondo Ozpetek, rendendo la stessa crudezza che si legge sui giornali ogni 2 settimane circa, un film d'autore.
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