Sono giorni difficili per gli automobilisti italiani ed europei. L’aumento del costo delle benzine dovuto alle tensioni del Nord Africa ed all’aumento del costo del petrolio, arrivato alla soglia psicologica dei 120 dollari al barile (di Brent), ha gettato nello sconforto chi fa un uso quotidiano della macchina, e sta ponendo non pochi problemi in tutto il comparto del trasporto. Il petrolio, infatti, risulta ancora la principale fonte di energia per approvvigionamento e, poiché il sistema dipende strettamente dalle fonti, un problema nell’estrazione accende immediatamente la miccia della paura, che genera poi la speculazione.
Il fatto è, però, che gran parte del petrolio proviene dell’Arabia Saudita, che finora non è stata interessata dagli sconvolgimenti socio-politici dell’area mediorientale (fortunatamente..). E mentre l’America, più autosufficiente, è in grado di mettere in campo le riserve speciali per calmierare l’eventuale carenza di greggio, ed il sottosuolo della Russia è, come noto, ricolmo di giacimenti energetici di tutti i tipi, l’Europa, invece, non sta messa molto bene, perché, a differenza di tutti gli altri grandi “blocchi”, non ha sul proprio territorio fonti significative di petrolio, dirette o di riserva. L’Italia, infine, oltre ai problemi di natura strettamente geografica (presenza quasi nulla di petrolio nel sottosuolo, configurazione orografica difficile, ecc.), per colmo di sfortuna è la Nazione che ha più interessi economici (ed in particolari petroliferi) con la Libia, motivo per cui i primi ad accorgerci della scarsità di approvvigionamento dal paese in fiamme siamo proprio noi.
Tutto così negativo quindi, da non poter fare niente? Non esattamente. In realtà, infatti, l’aumento del prezzo alla pompa non dipende direttamente dalla guerra in corso in Libia. Nonostante la lunga premessa, di scarsità non c’è neanche l’ombra, perché l’Opec, come prima cosa, ha aumentato la produzione di petrolio regolando la “manopola” delle estrazioni e riportando subito il valore a prima della guerra. Che succede quindi nella corsa al rialzo dei prezzi?
L’aumento sta interessando non soltanto l’Italia, ma tutta l’Europa (ed in parte anche altri Stati). Per arrivare alla situazione italiana dobbiamo considerare almeno due ordini di motivi: uno europeo (internazionale) ed uno italiano (locale).
I motivi internazionali che spingono in alto la corsa dell’oro nero sono sostanzialmente tre:
1. Aumento del costo del barile
2. Deprezzamento del costo dell’Euro rispetto al Dollaro
3. Paura che i problemi in Libia si estenderanno anche ad altri Paesi
Mentre i motivi locali che spingono in alto il prezzo alla pompa sono altri tre:
1. Il 65% circa è composto dalle accise
2. Non c’è reale concorrenza tra grandi Marchi
3. Ci sono pochi distributori bianchi (senza logo) e troppi chioschi (piccoli e piccolissimi distributori locali).
Queste componenti di differente ordine vanno quindi affrontate a livelli diversi: i problemi economico-finanziari di natura internazionale vanno affrontati in ambito europeo, e devono essere tesi ad evitare la speculazione finanziaria. I problemi invece di ordine amministrativo-economico vanno discussi in sede locale e devono essere tesi a diminuire le anomalie italiane.
In più c’è un altro elemento da tenere presente nel considerare l’andamento italiano dei prezzi, ed è il famigerato problema della “doppia velocità”: tra il prezzo del petrolio e il prezzo alla pompa. Quando il primo aumenta, subito il secondo aumenta, mentre quando il primo scende il secondo….aspetta molto ad adeguarsi (quando lo fa..). Ma questa in realtà non è una motivazione, più che altro è un effetto della mancanza di concorrenza. Ed in effetti, curare il sintomo più che la causa non sembra una soluzione, ma il governo, anche su pressione delle associazioni di consumatori, ha comunque creato una Commissione per la valutazione delle dinamiche dei prezzi dei carburanti. Qualche giorno fa, Gianluca Pezzi ha pubblicato su Autoblog un grafico che mostra l’andamento dei due prezzi negli anni in esame: interessante per approfondire l’aspetto della doppia velocità.
Il dettaglio. A fine febbraio è cominciata la corsa al rialzo ed attualmente (dato del 7) la soglia di 1,57 euro al litro raggiunta dalla benzina verde nei distributori Esso rappresenta il nuovo record storico, dopo il massimo di 1,56 euro toccato il 15 luglio del 2008. Si tratta del record del prezzo consigliato sul territorio nazionale, che poi sale anche oltre 1,6 euro in alcune aree del Paese, come la Campania, a causa delle addizionali regionali. Per il diesel si passa dall’1,44 euro/litro delle stazioni di servizio Tamoil all’1,46 rilevato negli impianti Q8 (le no-logo a 1,39). Il Gpl, infine, si posiziona intorno allo 0,79 euro/litro registrato nei punti vendita Eni, Q8 e Tamoil (0,77 euro/litro le no-logo).
Sono dati che fanno riflettere, ma sui quali è meglio non appoggiarsi troppo. Le fluttuazioni del prezzo del petrolio sono ancora enormi, ed è difficile fare previsioni sia in un verso sia in un altro.
L’articolo è leggibile in versione integrale su Autoblog, dove è stato pubblicato mercoledì 9 marzo.
One thought on “Perchè aumentano i prezzi del petrolio e dei carburanti”
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