L’altra sera in auto parlavo con un amico blogger, a proposito della blogosfera italiana. Ci siamo ben presto soffermati sulla sensazione che esista in effetti una sorta di “ripiegamento” o di stanchezza, ma che questa è fisiologica.
Poi, la discussione è andata formandosi intorno al momento di trasformazione dei blog. Lui faceva diversi esempi, a mostrare il fatto che sui blog ci si sono buttati in molti cercando di valorizzarne in qualche modo la struttura distribuita e veloce, fresca. In alcuni casi creando vere e proprie società, redazioni, gruppi di lavoro.
L’idea di base è interessante ed anche a tratti affascinante. Però siamo stati d’accordo durante tutto il ragionamento, che in quel caso il blog diventa una cosa diversa: una testata, un magazine, una webzine, soprattutto una cosa che richiede investimenti fissi, di denaro e/o di tempo (che comunque non è impegno secondario), a fronte di un ritorno alquanto incerto, specialmente economico, il che è anche un motivo – forse – per cui i “grandi” gruppi ancora non si sono sbilanciati.
Effettivamente, determinare un business plan sui blog o su una bloggheria, è impresa ardua. Spesso, si finisce per scoprire che è “l’autore” ad essere spendibile e non l’idea, lo strumento, o il blog in quanto tale. Ovviamente, anche un ritorno di immagine è una buona cosa, ma bisogna appunto mettere in conto che ci può essere solo quello.
Abbiamo fatto una carrellata sui principali blog a partire ovviamente da Gianluca Neri, classico esempio di quanto avevamo appena detto: il mio amico provocatoriamente diceva, a ragione, che Neri rifonderà qualcos’altro, appena riterrà ingestibile o defunto Macchianera, e probabilmente avrà lo stesso seguito e successo. In quel caso però, appunto, non è il blog ad essere in questione, ma l’autore. Il blog in quanto idea è intonso.
Così ho avuto modo di rinforzare la mia idea di base sui blog, che porto avanti da un po’. E cioè che, in fondo, il blog è e dovrebbe rimanere un diario, pubblico o meno. Nel momento in cui lo si forza a diventare qualcos’altro (ad esempio sulle teorizzazioni di “democrazia parallela” o di strumento “politico” o di “linea editoriale” distribuita intorno ad un determinato argomento) secondo me si va fuoristrada. Non è lo strumento adatto. Si possono, ovviamente, determinare delle fortunate eccezioni, che però confermerebbero la regola.
Oppure si possono creare le situazioni “di effetto”, le idee cioè che a partire da alcuni blog si propagano più o meno casualmente e velocemente, ma questo rimane indeterminabile e quindi, solo osservabile a posteriori. Come una chiacchierata al tavolo in cui più persone si trovano d’accordo, o non si trovano d’accordo, su un determinato argomento. Uscite da quel tavolo, tutto torna come prima nel mondo reale.
Così, se riusciamo a prescindere dalla “funzionalità” esecutiva dei blog, possiamo invece apprezzare che questi, anche se in forma di diari o forse proprio per questo motivo, contribuiscono non tanto a formare “idee” in chi li legge, quanto rappresentano una discussione del tutto libera di fluire. Lo strumento in quel caso diventa essenziale. Se rimaniamo nell’esempio del tavolo, i timidi in genere evitano di parlare anche se la discussione li interesserebbe. Ma sulla blogosfera, possono circolare sensazioni ed idee altrimenti difficilmente esprimibili. A quel punto, è l’idea stessa di blog come diario ad essere corretta. Perché su un diario scritto più o meno di getto, si è portati ad esprimere idee in libertà, si percepisce una familiarità altrimenti difficile da creare. Su una seriosa testata, piuttosto che su un notiziario, o un quotidiano politico, ovviamente, tutto questo non può avvenire con altrettanta semplicità.
Senz’altro, e di questo ne sono convinto ancora a distanza di anni, il blog non è però una moda ed è destinato a durare ancora molto, molto a lungo.