Davanti a lei c’è un uomo che non vale nulla. Un uomo senza meriti. Sono indolente, sono presuntuoso, sono irresponsabile, sono vanitoso. Sono un vero fallimento. Sono un teatrante assolutamente mediocre, sono un uomo debole.
John Malkovich – Giovanni Paolo III
(Questo è l’inizio di una confessione molto personale. Potrebbe essere un ottimo epitaffio)
The New Pope (Sky atlantic, 2020) mi sembra un altro piccolo capolavoro di Sorrentino, e Malkovich è perfetto nel ruolo di Papa. Molto più del Jude Law fondamentalista in The Young Pope (la serie precedente), il personaggio di Malkovich dimostra un innegabile physique du rôle. Il suo Papa carismatico e sofferto unisce la caparbietà di un uomo di fede e di cultura alla malinconia di una persona disillusa dal proprio passato e da quello che vede intorno a sé. L’attore non è solo straordinario nel rendere questi temi, ma particolarmente azzeccato nella sua matura versatilità (si apprezza come nobile inglese qui, ma anche come scienziato capo depresso in Space force, altra serie tv di questi mesi di pandemia, in un ruolo che ricorda curiosamente quello di Anthony Fauci, l’immunologo capo della Casa bianca alle prese con l’inquietante stoltezza di Trump).
Sorrentino, dal canto suo, si confronta col tema religioso in modo interessante e coinvolgente. Occultando lo sguardo giudicante della narrazione, sottofondo sempre presente, mette insieme osservazione e racconto senza soluzione di continuità. Colpisce ancora una volta la maestria con cui il regista partenopeo confeziona le inquadrature e si muove agevolmente tra trame damascate e cardinalizie. Meno tra quelle delle sorelle, realtà che l’affascina molto, è evidente, ma con cui c’è meno dimestichezza. Tra danze e balletti il ruolo è reso con superficialità, ancorché con meticolosa attenzione ai particolari (spesso morbosi), anche nei dialoghi. Se si può ipotizzare che non ci sia – perlomeno a livello consapevole – un intento misogino, la figura della donna-nella-chiesa è problematica, e non soltanto perché la vuole rappresentare così.
Nel complesso, c’è molta denuncia: non solo degli scandali sessuali ma soprattutto del fanatismo religioso, al quale la serie precedente sembrava invece strizzare l’occhio. La presa di distanza da quest’ultima tematica è la vera novità e la cifra dell’intreccio narrativo di questa serie. Non è un caso che sia affrontata in una produzione pensata (anche) per il mercato americano, dove il problema è reso ogni anno più angosciante dalla stretta attualità (pensiamo alla polarizzazione radicale tra cristiani conservatori e liberal).
Con piccoli accorgimenti – una figura meno macchiettistica del segretario di Stato, alcuni dialoghi meno deliranti o banali di Jude Law – Pio XIII -, e qualche lungaggine in meno sarebbe stato perfetto come quel gioiellino che è le Conseguenze dell’amore, ma va benissimo così. Malkovich questa volta fa la differenza (come forse anche Sean Penn fa la differenza nell’altro piccolo capolavoro che è This must be the place): i dialoghi intestati all’attore sono perfetti, senza sbavature. E c’è anche una sorta di “lieto fine”, che se non fa contenti tutti porta a compimento le linee narrative.
* * *
“(Dopo la morte di Adam i miei genitori mi hanno abbandonato. E io li ho rispettati per questo, e odiati per il resto della vita). È così opprimente provare una profonda solitudine per tutta la vita, è così che è stato di fatto: una vita morta. E Dio non è bastato, non è bastata la saggezza di Dio, la grazia di Dio, e neanche la sua presenza. Io non sono stato mai consolato.”
“Nel mio primo discorso ai cardinali ho detto che il problema è l’amore, il mondo soffre perché patisce le distorsioni dell’amore ma non avrei mai immaginato prima di oggi di fare parte del mondo.”
“Gli amori malati non si possono guarire.”
La scheda su Wikipedia: The New Pope