Di fronte alle continue critiche rivolte da alcuni miei amici “cattolici” (o gattolici come si evince da una peculiare ironia sulla rete che parte dal termine in inglese catholics e l’amore per i gatti), che mi spingono a riflettere spesso sul senso del livore di una parte del mondo cattolico contro Papa Francesco, mi sono deciso a scrivere queste mie considerazioni: un mix di valutazioni di comunicazione ed un po’ di esperienza di fede, perché ritengo che quel mondo cattolico, semplicemente, questo Papa non lo sta capendo (secondo me perché non lo vuole capire, ma voglio essere buono).
Il Papa segue due binari comunicativi e agisce su due livelli.
Il primo binario comunicativo su cui Bergoglio opera è quello aperturista, quello delle omelie di Santa Marta, dei discorsi a braccio (ad es. sull’aereo o nei luoghi o contesti non istituzionali), e alcune frasi che sembrano “lasciate a metà” o poco chiare. Non sono poco chiare: sono chiarissime per chi le sa intendere. Questo canale comunicativo è per chi sa capire cosa c’è dietro il “non detto”, dietro le righe. Bergoglio usa questo binario per far capire a chi deve capire, ovvero ad una certa parte del popolo cattolico, la direzione che vuole intraprendere nel governo della chiesa e nei cambiamenti che vuole apportare alla dottrina.
Perché, come è stato obiettato, non dice le cose chiaramente? Perché non dice che “giudicare tutti i gay malati è un’idiozia”, perché non dice che “Medjugorje può diventare superstizione”, perché non dice che “pensare che tutti i divorziati debbano andare all’inferno è da fanatici”, per non parlare del negargli l’eucaristia – anche se magari hanno subìto il divorzio..?
E’ ovvio: perché succederebbe un cataclisma dentro la chiesa e in una parte del popolo cattolico, in quella parte legata al vecchio schematismo dogmatico ed intransigente, o dove c’è sostanzialmente un muro di sbarramento. Già così lo accusano di essere un “comunista” o addirittura (cfr. Socci) di “non essere il Papa eletto” o di essere l’Anticristo (…). E tacciamo dei relativismi, degli irenismi, dei sincretismi. Le accuse dei pseudo-teologi e vaticanisti assortiti fioccano: non mi prendo neanche la briga di linkarle, perché a me danno anche un certo fastidio. Se a qualcuno interessa, basta leggere Magister, Dagospia, il Foglio (ad exemplum), il Giornale, Libero, Tempi, quotidiani o riviste di destra, o i siti tradizionalisti, alcuni dei quali da tempo stanno combattendo una battaglia personale contro il pontefice argentino. Sui social network uff.., è pieno di gruppi e di pagine, e ad insistere poi bisognerebbe dar ragione al semiologo Eco.
Torniamo quindi a noi.
Bergoglio, saggiamente, adotta la strategia che potrei dire della decantazione semantica, cioè lancia un messaggio forte (sapendo perfettamente di farlo, non è che gli capita così a caso) e poi lo lascia decantare senza aggiungere altro, in modo che si sviluppi una discussione ed un confronto. Lui sa cosa vuole dire, e lo sa benissimo anche chi lo ascolta ed è sintonizzato sulla sua stessa lunghezza d’onda. Per gli altri invece c’è l’altro binario.
Il secondo binario è quello della rassicurazione, o confermatorio, in genere alternato con il precedente. Ovvero se può dire che gli omosessuali, in quanto tali, non possono essere giudicati (e quindi mettere in discussione secoli di condanne e di ipocrisia, tra l’altro proprio in un ambiente a forte componente omosessuale – palese o latente), d’altra parte utilizza il canale comunicativo ufficiale per ridisegnare i confini della sua apertura e rassicurare, da una parte, il popolo cattolico che il Papa “dice le stesse cose”, e dall’altra gli stessi pastori che non c’è un pazzo scatenato alla guida della chiesa universale.
I due livelli su cui agisce invece sono dedicati verso l’interno. Il primo livello è un invito ai teologi ed è una chiamata chiara e stringente ad un ripensamento della dottrina su alcuni punti chiave. Qui si svolge una battaglia senza pari e – si sa da fonti certe – molti vorrebbero un altro Papa o magari una restaurazione di un pontefice conservatore che riporti le cose esattamente com’erano. Senza capire che tutto il mondo è cambiato e che, così facendo, la Chiesa sarebbe destinata non ad essere contrastata ma abbandonata – perché in realtà è contrastata proprio per le posizioni di Papa Francesco. A tal proposito si vedano le reazioni all’enciclica sul clima dall’America più reazionaria, oppure quella dei politici di destra sulle aperture alle politiche migratorie e le sacrosante tirate di collo verso chi richiama sconsideratamente risposte violente contro chi sfugge alla fame o alle guerre..
Bergoglio invece crede nell’evoluzione intelligente ed adulta del mondo cattolico,senza sconquassarne le fondamenta, ma accogliendo le diversità e le novità che riguardano la persona, e preservando uno sguardo chiaro e limpido sulla società, anche quella telematica (In Laudato sì, parla anche dei social). Insomma, lo “sporcarsi le mani” del buon cristiano, che è l’indicazione del suo papato rivolta spesso a preti e laici, non è il vivere in un idealismo della dottrina cattolica con regole e obiettivi hegeliani irraggiungibili, ma sul terreno della realtà, della misericordia e del rapporto sociale tra fratelli che è la vera cifra del messaggio evangelico. E’ una svolta importante rispetto alla triade “Giudizio-Colpa-Peccato” che appassiona molti predicatori contemporanei, ma la religione come sappiamo diventa pericolosa quando è staccata dalla dimensione e dall’esperienza spirituale.
Molta gente, i cattolici in primis, lo ama e lo accetta proprio per questa sua caratteristica, per il suo essere misericordioso e insieme pastore, per il suo amore chiaro e diretto verso la persona e il suo non voler essere appariscente e mediatizzato ─ la mediatizzazione è successiva, è operata dai media, non da lui che è l’esatto opposto.
In questa sfida a vari livelli, il guanto è lanciato principalmente verso i tradizionalisti e gli integralisti, che infatti ricambiano la loro simpatia verso questo Papa parlandone male (spesso in modo velato o sarcastico) su molti siti web o blog nella loro cerchia di sedicenti esperti. Il problema è che spesso si scambia l’essenza del messaggio con il particolare modo di viverlo, cercando errori nell’operato o nelle modalità di Bergoglio come se fosse naturale “guardare il dito invece della luna”. In particolare, poi, si condanna tutto quello che secondo alcuni non concorda con le idee più tradizionali della Chiesa, come se fosse un monolite impossibilitato ad evolversi ed aprire lo sguardo sulle molte realtà diversificate dell’umano. Anche qui, esempi ce ne sono molti, e un buon punto di partenza possono essere le fonti del teologo Massimo Faggioli che dal suo profilo Facebook e Twitter spesso aiuta a capire con una rassegna stampa di respiro internazionale, prese di posizione e discussioni anche aspre nella chiesa universale.
Il secondo livello è la riforma interna che non fa più piacere della sfida teologica: tutti, chi più chi meno si erano adagiati nel difendere i privilegi che nei decenni si erano accumulati per gli alti prelati o per chi faceva operazioni di “finanza allegra“. Bergoglio da questo punto di vista, nei limiti della sua comprensione di tali manovre e cercando di capire anche come funziona la Curia romana, vero ostacolo ad una decisa riforma in tal senso, cerca di mettere ordine e di far capire che “il vento è cambiato” anche qui.
Si è visto ad esempio sul caso dei preti pedofili o quelli indagati per corruzione sia su suolo vaticano sia fuori, e le ultime novità che indicano una chiara direzione.
Insomma, un’azione coordinata e a tutto tondo, estremamente faticosa ma per la quale qualsiasi cattolico è chiamato a dare pieno supporto, e non a criticare senza capire.
Ma è sicuro anche che non andrà tutto bene: Papa Francesco sta incontrando enormi difficoltà proprio come tutte le persone che vogliono cambiare qualcosa. Anche se lui sa che i suoi “nemici” sono interni, è dagli “amici” che si dovrà guardare, cioè proprio da quei cattolici che apparentemente lo seguono ma – come ha recentemente detto una mia amica ferventissima cattolica – solo “fino a che non dice eresie”. Io gli ho risposto: “E chi dovrebbe dimostrarlo, scusa?” E’ stata zitta..
Seguire la regola abdicando dalla dimensione spirituale – e di fratellanza universale – non è fede cristiana, è stare dentro uno schema rassicurante. Eppure lo spirito evangelico ed i sentimenti con cui affrontare le cose nella dimensione di fede sono state tramandate da qualcuno vissuto molto prima di noi. Non è per niente facile, ma Bergoglio sa, per primo, che molti sono convinti che il “buon cristiano” sia quello che va a messa e prega, mentre giudica il fratello e lo condanna, o critica il Papa magari con un forbito trattato teologico pubblicato a puntate su Internet. Una parte del mondo cattolico è così, ed è a questi che Francesco non può dire chiaramente “state sbagliando tutto”. Spera e si adopera perché ci arrivino da soli, piano piano, capendo che qualsiasi regola o schema, fanatismo o dottrina sono secondarie rispetto alla persona ed alla sua sfera umana e spirituale. E lo fa con l’unico vero strumento del cristiano: la testimonianza.
E anche per questo, come dice il buon Enzo Bianchi, (ospitato dall’ottimo blog di Christian Albini), Francesco ha bisogno di molto sostegno.