Dopo i casi di Renata Polverini (sul suo blog) e di Luca Barbareschi, sembra che l’esigenza per molti politici (candidati o meno) di conoscere il Web e i social media a un livello più approfondito sia improcrastinabile. Non sono pochi, oggi, coloro i quali si occupano di comunicazione in modo professionale, ma chi si ritrova ad interessarsi di comunicazione politica trova alcune accortezze oramai necessarie, soprattutto considerando che la comunicazione online, per un politico, non si improvvisa.
Questo vale specialmente per i candidati politici, i quali pagano ad agenzie e società di comunicazione specializzate un piano di comunicazione, che deve rispondere adeguatamente alle richieste ed alle caratteristiche della rete. Non importa di quale schieramento, il candidato online trova in rete una platea esigente e pronta a condividere o criticare ciò che pubblica o scrive, con una rappresentanza della popolazione, spesso, diversa da quella che si incontra a un comizio “reale”. Sulla rete si discute, si confronta e si affrontano (talvolta con toni aspri) le idee politiche e le affermazioni del candidato in un contesto bidirezionale, portando considerazioni che devono essere soppesate e valutate con intelligenza, e magari anche con una buona dose di umiltà. Qualità rara, come sappiamo, nell’agone politico nostrano.
In generale, la strategia di un candidato politico non può essere considerata uguale nelle varie latitudini digitali. Sul web entrano in gioco, infatti, diversi aspetti nella distribuzione della popolazione online e delle preferenze, che devono passare per un discorso di profilazione ma ancor di più di selezione del proprio pubblico della rete sociale. Mentre su Facebook, ad esempio, si può considerare la distribuzione degli iscritti al social network sostanzialmente equilibrata per livello scolastico, politico, e culturale, nei blog, invece, c’è una prepondenranza (come quantità) di profili ad orientamento tendente al centro-sinistra, caratterizzata da alcuni fattori tra i quali l’influenza degli hub ovvero di alcuni autori più influenti, che concentrano e ripetono le idee e le discussioni di quella parte dello schieramento politico, e una certa rappresentanza di profili di centro-destra (decisamente meno numerosi). Lo stesso discorso di può fare per le “ali estreme” degli schieramenti. Il risultato è spesso che per i candidati di centro-sinistra il dialogo è attento ed anche aspro, ma assume una connotazione construens. Per i candidati di centro-destra, la stessa connotazione assume un significato talvolta diverso e, spesso, destruens, ovviamente a parti invertite. Non va sottovalutato neanche il ruolo di altri social network che stanno crscendo in questo periodo come Twitter, che rimane però ancora ristretto a un livello culturale alto, e in generale al mondo dei giornalisti, degli addetti ai lavori e dei politici, ma molto meno “trasversale” rispetto ai social più generalisti come Facebook.
Per i candidati con orientamenti di influenza religiosa, infine, in rete si trova abbastanza spazio con un opinionismo diffuso, viziato talora da elitarismo o distorto da idee fanatico-aggressive (tanto per chi è ultra-tradizionalista quanto per i laicisti detrattori), con una tipica polarizzazione e un divario spesso difficile da superari. Vittorio Messori nel suo ultimo articolo, affronta poi il tema del tradizionale armamentario di accuse contro i cattolici (Vangelo come mito orientale, miracoli come superstizione, l’inquisizione, le crociate, il massacro dei catari, notte di San Bartolomeo, la conquista delle Americhe, fino alla condizione della donna, e ai rapporti tra cattolicesimo e totalitarismi, tutti temi che storicamente sono interessanti ma che vanno contestualizzati). In questi casi, dunque, il candidato che si ispira ai prinìpi indicati dalla dottrina sociale della chiesa cattolica si trova ad affrontare un processo in più costituito dalla mediazione tra l’istituzione ecclesiastica (complicata dalla mole di dati spesso presenti in rete), e la propria proposta politica.
Al di là dell’orientamento dei candidati, però, a risaltare maggiormente è una scarsa conoscenza da parte dei politici, anche giovani, delle logiche che la “presentazione” e l’attività su Internet richiedono. Vediamone alcune in questi punti.
- Trasparenza. Internet non consente di nascondersi dietro un dito, è la naturale esperienza di convivenza nella rete che, pur con la molteplicità di voci che ne contraddistnguono la ricchezza, implica anche una cristallinità nei discorsi e nelle azioni intraprese sulla rete.
- Il righino rosso. Anche se dietro ci sono persone, Internet non è comunque la realtà: mancano molti pezzi (tono della voce, volti, facce, espressioni, emozioni.. di tutto questo c’è solo un aspetto: quello della scrittura), e la socialità che si vive sulla rete non è aumentata, ma anzi diminuita. Il rischio è di prendere come oro colato o troppo sul serio, o specialmente troppo rappresentativo, il tratto di una singola discussione: la rete rappresenta ancora pochi.
- C’è un sottinsieme di blogger che sono molto presenti e discutono su aspetti anche rilevanti della vita sociale e politica italiana, con un potere “mediatico” da non sottovalutare, in generale hanno una linea politica comune, che può non essere quella del candidato. Poiché è distribuito in modo disomogeneo, per un candidato di segno opposto il dato che conta è il potenziale terreno minato che incontra.
- Rileggere il punto 2 ora: il rischio di arrabbiarsi per una scemenza è altissimo. Una discussione che a voce sarebbe durata 5 minuti, sulla rete rischia di andare avanti 5 giorni. A discutere su un righino rosso..
- Gli slogan non funzionano, Internet è un flusso ininterrotto di opinioni, scambi, commenti, ed idee. Gli slogan funzionali durano lo spazio di un post, al massimo qualche citazione, (che si sottolinea – sempre – con un link).
- Se si fa un errore rimediare ammettendolo. Senza ripensamenti e senza tentennamenti.
- Rispondere sempre ad eventuali accuse o critiche ingiustificate. Non c’è niente di peggio di un’opinione infamante lasciata a decantare senza contradditorio. Lasciar assolutamente perdere, per ovvi motivi, querele o azioni legali di qualsiasi genere.
- A proposito di idee: bene le idee, male le ideologie. C’è differenza: le seconde sono idee che non si sanno giustificare ed argomentare… E ovviamente si nutrono di slogan (che bastano), vedi punto 5.
- Aggiornare sempre il sito: non c’è peggior cosa di un blog, un forum o una homepage che è ferma da mesi.
- Chi va su internet va per un pubblico giovane, o comunque giovane-adulto. Non la signora del mercato, che utilizza altri canali per informarsi. E’ quindi importante stare sul Web come ci starebbe un giovane e non una signora del mercato.
- Attenzione al numero esagerato di commenti, che può rendere illeggibile in brevissimo tempo anche il miglior post (in caso, va sempre bene un post successivo che riprenda alcuni argomenti).
Un articolo molto interessante è stato pubblicato dal Corriere della Sera, in un’intervista dedicata alla presenza online in America dei due candidati democratici, con particolare attenzione ai social network ed al rapporto tra elezioni ed Internet, ed è disponibile qui:
La politica a misura di social network «Sono come la radio negli anni Sessanta»
Steven Geer e Josh Ross, i «guru» della comunicazione di Obama e Hillary: il futuro adesso è nei servizi mobile.
2 thoughts on “Piccola guida per i candidati politici online”
Ciao Luciano,
è sempre interessante e costruttivo il leggerti.
Un abbraccio
Grazie Giuseppe! 🙂