Questo post raccoglie, in forma leggermente rivista, i commenti che ho scritto sul sito “Persona è futuro” in risposta o a continuazione dei commenti per l’articolo sui “Valori non negoziabili nelle alleanze con i cattolici” pubblicato l’11 Gennaio scorso. Riportano un
po’ il mio pensiero su alcune tematiche direttamente toccate nell’articolo..
Sui vari punti non posso che concordare con te. Aggiungo qualche osservazione nel tentativo di introdurre qualche ulteriore spunto.
(il commento cui ci si riferisce è di Giuseppe Sbardella)
Sulla “lista” dei valori, sarei più propenso a pensare che in realtà non ce ne saranno molti altri di principi non negoziabili, ma che tutti discendono da un uico concetto che è il rispetto della persona.
Il problema nasce dal fatto che il rispetto alla persona che intendono i cattolici è spesso diverso da quello che si intende oggi comunemente nel pensiero liberale, nel quale è la “libertà” la parola d’ordine: libertà di fare quello che si vuole non importa a quale prezzo etico e sociale (per gli altri, e per sé stessi).
Dunque il cattolico non dovrebbe mai imporre il suo punto di vista, ma è altresì vero che non deve farsi imporre il punto di vista degli altri o dagli altri. E se la prima cosa riesce benissimo ai cattolici di oggi, la secondo è forse ben più difficile da raggiungere.
La contrapposizione ideologica di cui parlo nell’articolo è, infatti, piuttosto reale: di fatto, scegliere oggi tra destra e sinistra significa avallare il liberismo in molti campi umani oppure dover optare per un capitalismo condito con cattolicesimo di destra.
E con questo mi riallaccio anche alla ultima osservazione delle alleanze: nell’articolo ho volutamente saltato tutte le problematiche che, similmente, si ripropongono con le alleanze col centro-destra. In misura minore, certo, ma anche lì ovviamente i problemi non mancano.
In fondo, guardando oltre la trama delle parole che ho usato, forse si intravede la necessità di una “nuova” forza politica che sia in grado di sintetizzare le istanze cattoliche col bene comune e, per citare ancora un caro interlocutore gesuita, con la “risoluzione dei problemi”, che è quello che poi interessa alla gente – spesso più dei “valori” o delle parole.
Per inciso, è peraltro proprio questa attenzione ai problemi concreti, che porta poi voti ad aministrazioni di sinistra o di destra, viste come più capaci di osservare il “sociale”: il problema dei diritti dei gay, il problema dell’immigrazione clandestina, ognuno coltiva le proprie ideologie, desideri, convinzioni.
Il fatto è che questi problemi non sono soltanto materiali e non possono essere affrontati se non con un sguardo che va oltre il contingente, e che sposa il primato della persona umana e accoglie l’uomo nella sua fragilità e nelle sue contraddizioni – dunque uno sguardo anche bioetico. E lo sguardo cristiano e personalista, è quello che meglio degli altri sa offrire queste caratteristiche, inutile girarci intorno.
Il fatto, come si diceva nell’articolo, è che questo patrimonio di valori propri della cultura cristiana non solo non viene riconosciuto, ma anzi osteggiato, dalla parte (dalla “pancia” direi) elettorale di centro-sinistra. Su questo è inutile farsi illusioni.
Dunque il grande rischio che io vedo nelle alleanze come quelle dell’Udc un po’ “ardite”, è quella che i cristiani si riducano a fare da comparse, nella forza delle grandi coalizioni incentrate sul materialismo ateo. Il “grande centro cattolico” forse rimane un’utopia ed è probabilmente anche un bene: ma un riferimento politico per i cattolici non può scendere a compromessi più di tanto in nome di una realpolitik che debba rinunciare nei fatti al riferimento ai valori. Negoziabili e meno.
Pur non essendo della generazione di Giuseppe (Sbardella, Ndr), e pur non conoscendo approfonditamente, per limiti d’età e senz’altro di competenza storica, il pensiero sturziano, sono conscio e d’accordo nel fondamentale contributo che don Sturzo ha dato e continua a dare nelle sorti dei partiti di ispirazione cattolica con una matrice aconfessionale ed indipendenti dalla gerarchia nelle loro scelte politiche.
D’altronde, da quando nel 1919 Benedetto XV abrogò definitivamente ed ufficialmente il non expedit, mi sembra che questi si siano succeduti, tra alterne vicende, fino a tutto il secolo scorso, quando – dopo la grande crisi degli anni ’90 – sono evaporati.
Consentimi, dunque, di aggiungere qualche riflessione sui temi da te richiamati.
(il commento cui ci si riferisce è di Piero Doria)
Il potere spirituale ed il potere temporale riguardano la gerarchia ecclesiastica, e non c’è pericolo di confusione per chi, cattolico laico, si impegna in politica. Nel mio articolo sottolineavo proprio quella differenza: e cioè che si rimprovera ai cattolici laici di pensarla come il clero.
Questo crea confusione? Secondo me la confusione si ha quando l’azione politica è incoerente nel perseguire intenti cristiani. In realtà io non vorrei cadere nella “contrapposizione ideologica” citata nel mio articolo e che viviamo nell’odierna situazione politica e sociale. Questa contrapposizione mi preoccupa, ed è quella che si ottiene quando ci sono due visioni idealmente opposte: da una parte la visione materialista ed atea, dall’altra quella tradizionalista cristiana e antisocialista.
A questo punto però non bisogna dimenticare che c’e’ tutta la Dottrina sociale della Chiesa ad ispirare quella che dovrebbe essere l’azione dei cattolici in politica. Non solo: anche i continui richiami del Papa in materia.
L’ultimo dei quali è avvenuto proprio oggi, nell’udienza agli amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma, dove tra le altre cose vi troviamo scritto:
“La persona umana” – ha sottolineato il Papa – “è al centro dell’azione politica e la sua crescita morale e spirituale deve essere la prima preoccupazione per coloro che sono stati chiamati ad amministrare la comunità civile” (fonte: ZENIT.org)
Se la crescita morale e spirituale deve essere al centro dell’azione politica ed amministrativa, come si può pensare di poterla attuare insieme al centro-sinistra, che non crede nè all’una nè all’altra?
La soluzione più semplicistica consiste nell’individuare un percorso alternativo che mette insieme la morale materialista e relativista con quella cattolica, ammesso che ciò sia possibile: ma a che prezzo?
A mio avviso bisogna lavorare insieme per includere, invece, nella prospettiva politica un respiro più alto, una convergenza nei valori che dovrebbe essere il vero obiettivo del cristiano impegnato nella difficile arte del compromesso politico, compromesso che non può mai essere al ribasso.
C’è poi da tener presente che i cattolici, come scrivevo, non devono imporre ma non devono neanche farsi imporre.
Questo aspetto è forse il più delicato, perché rinunciare ad imporre il proprio punto di vista non può però signficare rinunciare ad un incisiva azione nel piano politico. Quando c’è da affrontare il nodo del fine vita, dell’aborto, è ragionevole supporre che ci siano posizioni distinte, così com’è altrettanto ragionevole pensare che la verità non stia
solo da una parte. In tal senso, tuttavia, un partito di ispirazione cristiana non può che porsi come “ago della bilancia” verso il miglioramento delle condizioni di vita e di attenzione al primato della persona, che tu citi, giustamente, come fine ineludibile del nostro agire, e che alternativamente può provenire da una parte come dall’altra: nessuno “è depositario della verità” politica.
A tal proposito, però, ed al riguardo anche della “paura di andare al governo” che i cattolici dovrebbero superare (se ti riferisci all’andare al governo con il centro-sinistra, ovviamen
te), tutte le esperienze politiche (ed anche amministrative) sono state negative.
Come esempio basti pensare alla fallimentare esperienza di Prodi.
Per citare un pensatore cattolico controrivoluzionario tradizionale come Plinio de Oliveira, questa non è paura ma attenzione “ai lupi travestiti da agnelli”. (“Non trattiamo i lupi come se fossero pecorelle smarrite“)
Sono d’accordo con te, peraltro, nello spiegare (ad esempio, sul sì alla vita) e cercare di far convergere i vicini ed i lontani quanto più possibile, ma la vera sfida consiste proprio in questo: attualmente, gli schieramenti di centro-sinistra non solo non capiscono ma sono tutti orientati a contro-spiegare a noi cattolici che sono loro ad aver ragione sui temi etici. Cercano di convincere noi che non siamo buoni cattolici perché vorremmo imporre il nostro punto di vista. Ed alla fine ci impongono loro delle leggi alle quali, per colmo dell’ironia, abbiamo contribuito alla validazione.
Dunque il pericolo dal quale secondo me dobbiamo guardarci è di non arrivare a trovarci di fronte a due sole scelte: da una parte seguire il bene comune, rinunciando quando è necessario ad essere cattolici, o dall’altra essere cattolici, rinunciando
quando non è possibile al bene comune. Bisogna coniugare queste due istanze, a questo punto accogliendo sì il richiamo di don Sturzo all’essere “liberi e forti”: liberi di pensare che il bene comune ed il patrimonio dei valori cattolici coincidono, altrimenti non possiamo dirci cristiani, e non è la gerarchia ecclesiastica che ce lo dice o ce lo impone, ma è l’incontro col Signore che ce lo fa scoprire dentro, e ci fa capire quanto questo bene sia disponibile per tutti.